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ZERO VIRGOLA

Vieni, quando vuoi

svuota la mia testa, portami al movimento

del secchio. Già, in fondo al pozzo. 

Le parole

cascano insieme

alcune, si compongono abbracciandosi

l’un l’altra

altre, si allacciano tra bicchieri e tazze di caffè.

Che bellezza essere te, a discapito

di me; il secchio ora è vuoto

inutile

inservibile anche per me

a dispetto delle terre che tengono per se tutto

meno il risultato finale:

il frutto.

Tengono i miei piedi

inghiottiti di orme

colmi di odori contaminati di finali.

Lasciami

sulla porta e vai via

vattene seguendo l’esempio di chi bilancia i sorrisi

e ne perde le tracce

definitivamente

davanti alle mappature impossibili.

Io sono cosa ?

Un fiore falciato tra la notte e un fiato.

Tra Luna e tu che guardi Antonio correre

corre tra i mucchi di terra giù al vivaio

gli occhi li tiene a falchetto

guarda e non guarda

ma corre, corre.

Ricordati di altre bugie

ricordati adesso, solo per randellare i ricordi;

l’unico modo

per festeggiare i figli

ahimè, sono i loro anni.

Ti lascio immaginare le sere di mezza luce

con un parlare che spesso ci riguarda

quei due si chiamano tra i tavoli

è il vento che li compone

per la notte è perennemente acceso. Sotto

il solito intreccio di bici e motori

si perdono nelle notti.

Ricordi perfettamente le lunghe estati portatrici di fatti

sono loro che gestiscono i futuri atti.

 

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