L’estate del 62
o
l’anno dopo
terminava il Giugno del grano nero
avevo addosso la pula
e un sole
da olimpiadi invernali. La trebbia faceva
il suo baccano
i sacchi passavano di mano in mano
gli uomini affidavano all’aria
le formule e i racconti. Tutto era sull’orizzonte
perfetto del giorno, mi facevo sotto
tra lo stantuffo e il ronzio della griglia. Gran parte del sudore
decideva di raccogliere sotto la riga
tutta la somma di quell’anno.
Me la ricordo ancora
come un fesso la paura
della vittoria. L’invadeva la matematica dei numeri
le percentuali di rese dovevano produrre
argomenti che avremmo
trattato fino all’anno successivo.
Ininterrottamente, nessuno era escluso
al giudizio inconfondibile dei numeri.
Avrebbero riempito i sacchi di soddisfazioni
o di certi malumori. Si sa che nessuno
dei due riempe la pancia, ma la testa si.